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Martedì, 03 Novembre 2020 16:25

L'impatto del Covid-19 e del lockdown sulla precarietà della vita di strada

L'impatto del Covid-19 e del lockdown sulla precarietà della vita di strada Daniele Aloisi / CRI Milano

Vivere per strada è una continua ricerca di soluzioni a piccole e grandi necessità quotidiane, difficili da risolvere già prima del Covid-19, nonostante il supporto continuo della rete dei Servizi composta da enti e associazioni dedicate. La pandemia, e il conseguente lockdown, hanno stravolto totalmente il sistema di assistenza, e reso molte problematiche delle persone senza dimora semplicemente insormontabili. Per questo la Croce Rossa di Milano, insieme agli altri Comitati CRI della Provincia, ogni notte è presente in strada per portare assistenza e studiare interventi mirati, per fornire la migliore risposta possibile nonostante il periodo di massima incertezza.

Insieme a Davide Parisi, Referente per le attività di assistenza alle persone senza dimora, abbiamo cercato di comprendere meglio l’impatto dell’emergenza sanitaria sulle persone che vedono nella strada la loro casa.

 

L’assistenza sanitaria

In strada la minima patologia può avere severe complicanze. “Se prima del lockdown i nostri utenti avevano dei chiari punti di riferimenti in merito a chi rivolgersi - spiega Davide Parisi - attualmente si riscontra spesso grande confusione. La rete di appoggio è mutata sia nelle procedure per richiedere una prestazione sanitaria, sia nella tipologia dei servizi erogati. Ad esempio, i centri che consegnano farmaci, e anche alcuni ambulatori, ora accettano solo prenotazioni telefoniche, ma ciò è un grande ostacolo per chi non ha il telefono o non ha sufficiente credito”.

Le difficoltà di accesso al sistema di assistenza sanitaria porta molti a non chiedere aiuto per patologie che, in questo modo, si aggravano velocemente.

Ciò si traduce in un aumento delle richieste di assistenza alle associazioni che, come la Croce Rossa di Milano, hanno delle specifiche unità di strada mediche. Tuttavia “star dietro a tutte le persone in strada è diventato sempre più difficile”.

 

La misura del coprifuoco e le chiusure anticipate dei locali

Prima dell’emergenza molti bar e ristoranti rappresentavano un punto di riferimento per le persone senza dimora, permettendo loro di usufruire dei servizi igienici; questo rappresentava una grande aiuto, alla luce della carenza di bagni pubblici. “La chiusura anticipata dei locali sta attualmente mettendo in seria difficoltà i nostri utenti, che non sanno più dove assolvere i propri bisogni fisiologici e come provvedere all’igiene personale”.

Le misure restrittive appositamente studiate per contrastare il contagio attraverso una limitazione degli spostamenti, hanno ridotto sensibilmente il numero di cittadini per le vie della città. Per chi vive in strada ciò si traduce per prima cosa in mancate entrate economiche, derivanti per lo più dalle offerte dei passanti. Ma non solo. “Pensiamo a gesti semplici come offrire a una persona senza dimora una brioche al mattino o un panino la sera. Questi gesti di solidarietà si sono ridotti in maniera drastica”.

Al numero ridotto dei passanti si unisce la diffidenza a fermarsi a parlare per paura del contagio. La mancanza delle chiacchiere quotidiane con le persone accentua la sensazione di essere ai margini della società. “Durante il lockdown di marzo capitava che gli utenti ci dicessero che eravamo le prime persone con cui parlavano da diversi giorni. Ad oggi constatiamo lo stesso fenomeno nelle ore serali”.

C’è poi il discorso coprifuoco, che impone di rimanere a casa a persone che però non hanno una dimora. “Le persone che assistiamo tendono a rimanere ferme nei loro giacigli a partire dalle 23. Tuttavia è molto sentita la paura di incorrere in sanzioni, specialmente perché sanno che nel caso avrebbero anche problemi ad accedere a un’opportuna tutela legale”. [Continua]

Volontario con sacchetto di cibo

 

La distribuzione dei vestiti e dei pasti

Procurarsi regolarmente nuovi vestiti è una grande necessità per chi vive in strada. I capi si logorano facilmente, si sporcano e in generale vanno cambiati a seconda della stagione. I "guardaroba", ovvero i centri che distribuiscono vestiti, si sono ridotti da trenta a due, introducendo al contempo limitazioni per l’accesso e il ritiro dei vestiti. Se prima tutte le zone erano più o meno servite, ad oggi ci sono persone che faticano ad arrivare in uno dei due centri perché troppo lontani. “Le persone più fragili, specialmente quelli con difficoltà a deambulare, desistono dal recarsi nei guardaroba. Poche sere fa abbiamo trovato una persona che stava dormendo con una coperta leggera e una maglietta a mezze maniche perché non era riuscito ad arrivare nel centro di distribuzione vestiti”.

La chiusura delle strutture più piccole, dove gli utenti avevano modo di parlare con gli operatori e instaurare un rapporto duraturo nel tempo, ha fatto sì che l’intercettamento dei bisogni delle persone è venuto meno, come anche la qualità del servizio in generale.  “Nei pochi guardaroba rimasti aperti, il numero di persone da aiutare è talmente alto che non c’è più modo di confrontarsi con la persona e avere il tempo per indagare su eventuali altri bisogni”.

Le mense continuano la loro attività, seppur con nuove procedure e con l’obbligo di mangiare separati. Il pasto tutti insieme era un momento molto atteso della giornata, un modo per confrontarsi e parlare con gli altri. “Quel tipo di socialità si è persa ed oggi le persone si sentono più sole”.

 

Il freddo che arriva e l’incertezza dei ricoveri

La Croce Rossa di Milano ha potenziato il presidio delle strade per far fronte all’interruzione e alla riduzione del servizio di unità di strada da parte di altre associazioni, situazione che ha comportato un notevole aumento del carico di lavoro. “Al momento i nostri giri serali hanno più tappe che in passato e ogni equipaggio assiste più persone. Di conseguenza siamo costretti a ridurre il tempo che possiamo dedicare a ogni singola persona. Nonostante questo, ci adoperiamo al meglio per rendere il servizio Umano, puntando molto sull’aspetto relazionale dell’intervento”.

Il freddo a breve arriverà e la grande incognita sull’apertura dei dormitori spaventa le persone in strada. “Sempre più persone ci chiedono cosa ne sarà dei ricoveri notturni, se riapriranno o no a causa del Covid-19”.

La distribuzione delle coperte è già iniziata, pur non potendo stimare quante ne occorreranno quest’anno qualora i dormitori non dovessero riaprire. “La coperta è un bene salvavita, senza si muore. È un nostro imperativo averne a disposizione a ogni turno.” A una persona in strada nell’arco dell’inverno devono però esser consegnate più coperte, perché, come i vestiti, si usurano, si sporcano e vengono anche rubate. “Attualmente abbiamo una buona scorta, grazie anche a istituzioni pubbliche e aziende che le hanno donate, tuttavia siamo coperti solo per la prima parte dell’inverno. Sono già previsti acquisti mirati di nuove coperte, dato che quest’anno non possiamo chiederle ai cittadini per via delle restrizioni sanitarie”.

Appare chiaro, oggi più che mai, quanto sia necessario puntare i riflettori sulla situazione di chi vive ai margini della società e le cui istanze sono spesso ignorate. In un momento di crisi dovuto all’emergenza coronavirus, e ai suoi drammatici effetti diretti e indiretti, la Croce Rossa di Milano continua ogni giorno a portare assistenza a chi è più in difficoltà, ad adoperarsi per monitorare costantemente la situazione sanitaria e sociale delle persone senza dimora e a tutelarne l’accesso ai servizi primari del territorio.  

 


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